lunedì 28 maggio 2012

MISSPOP170 finale nazionale a favore delle vittime del sisma.


20 giugno, ore 21, cena di beneficenza con asta artistica di beneficenza, presso Hotel Villa Regina di Cona(FE). In collaborazione con Rinascimento, RadioFlash, AstonMartin, Ferrara24Ore. Esserci è importante. Prenotazioni 0532.740222. www.misspop170.it

Cerchiamo partner tra tutti quelli che possano essere utili e sensibilizzare a questo evento importantissimo, uno dei primi a Ferrara per aiutare concretamente gli sfollati e le aziende colpite dal sisma.

Siamo a disposizione.

Grazie.
Uff. P.R. Eventi iCom ONP
dott. Luca Quaiotti
mobile: 392.9114000


iCom ONP
Uff. Stampa e Comunicazione
0532.790120
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La leadership? E’ una conversazione | Aziende collaborative


Prosegue la serie di post dedicati all’Azienda Collaborativa e al modo in cui percorsi dialogici modificano i processi funzionali e la leadership all’interno delle organizzazioni. Dopo avere parlato di come sia possibile sviluppare strategie aziendali in crowdsourcing e di come la mancanza di conversazioni uccida le aziende, torniamo sul tema dei nuovi modelli di leadership nelle organizzazioni.
Nell’ultimo numero, la Harvard Business Review pubblica i risultati di una ricerca condotta nel corso di due anni su 150 manager di 100 aziende per individuare un nuovo modello di leadership.
Quello che emerge è la diffusa consapevolezza che l’approccio dirigista e top down sia ormai largamente superato. Tutti i manager hanno invece menzionato come cerchino di sviluppare un approccio conversazionale all’interno della propria organizzazione o già lo adottino come strumento di leadership.
Qual è il vantaggio principale che emerge da questa pratica che la HBR definisce “conversazione organizzativa”? La relazione costante tra i diversi livelli e finzioni permette anche alle grandi imprese di funzionare come quelle piccole, replicando quel modello di condivisione che spesso permette alle startup di primeggiare su rivali più consolidati. Il modello conversazionale permette così alle aziende di coinvolgere e motivare maggiormente i propri collaboratori, di fare ricorso all’intelligenza collettiva, di assicurare un maggiore allineamento strategico e di sviluppare la flessibilità operativa. permette anche ai manager di non cadere in un errore molto frequente: dimenticarsi da dove arrivano e di quali siano le problematiche dei propri riporti.
Quattro sono gli elementi chiave della conversazione organizzativa: intimità – ridurre le distanze -, interattività – riconoscere l’importanza dell’ascolto -, inclusione – far sentire tutti parte della stessa organizzazione e di un disegno comune – e intenzionalità – definire scopi condivisibili che contribuiscano a unire gli sforzi di tutti. Non è necessario che siano presenti contemporaneamente ma la ricerca ha evidenziato come, laddove ciò accade, si potenziano a vicenda.
Sono tutti elementi culturali, che chiamano un approccio più aperto e disponibile per aggregare le risorse aziendali e trarne il massimo beneficio organizzativo, tattico e strategico. Un approccio, però, che deve essere sposato a livello di organizzazione, per non creare squilibri interni.

venerdì 25 maggio 2012

MISSPOP170 CONTEST. L'EVENTO FINALE SARA' IN BENEFICENZA PRO SISMA.


FERRARA, 25 MAGGIO 2012

MISSPOP170 CONTEST. L'EVENTO FINALE SARA' IN BENEFICENZA PRO SISMA.
DECISIONE DOVEROSA PER RACCOGLIERE FONDI PER LE VITTIME.

L'associazione noprofit iCom per la comunicazione responsabile che gestisce la segreteria organizzativa ed ufficio stampa del contest MissPoP170, ha deciso con beneplacito del direttivo e degli associati, di realizzare l'evento finale a Ferrara in data vicina al 20 giugno (ma ancora da definire), a favore delle vittime del sisma che ha colpito l'area emiliana lo scorso 20 maggio, rinunciando volentieri all'evento mondano della NotteRosa.
La finalissima delle miss under 170 cm, si tinge di volontariato, racconta la presidente dott.ssa Mariangela Fontana:"...non si poteva restare fermi di fronte ad una tale situazione, cerchiamo di fare quanto è in nostro potere per dare un aiuto concreto alle vittime con le nostre azioni sul territorio...non sarà molto, ma nel nostro piccolo diamo un contributo e MissPoP170 prende un senso molto più ampio e solidale...non solo spettacolo...", conclude la presidente.
Solidarietà che la stessa Fontana esorta anche da parte degli imprenditori e delle persone sensibili di Ferrara e provincia, che invita all'evento contribuendo alla causa.
Le selezioni valide per la nazionale, si terranno solo a Ferrara l'8 giugno presso l'Hotel Villa Regina di Cocomaro di Cona, previa iscrizione gratuita via web al sito del contest all'indirizzo www.misspop170.it. Il premio in palio per la reginetta 2012 del valore di 7000 euro, assume una connotazione solidale più alta: lo spettacolo al servizio della gente che ha necessità molto importanti ed urgentissime.

rif.: www.misspop170.it
uff. stampa: press@icom-noprofit.it - 0532.790120 - 392.9114000
ph.: Dania Roberta, reginetta 2011. © 2011-12 by VideoMEDIA produzioni.

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mercoledì 23 maggio 2012

Social Media: sono davvero efficaci per comunicare le aziende?


In un recente articolo, il Wall Street Journal affronta il tema dell’efficacia dei Social Media per il branding delle aziende: sono davvero così fondamentali per innescare conversazioni e per contribuire alla crescita di valore di una marca?
Ormai da tempo si dibatte sul reale valore dei fan delle pagine aziendali e su quale tipo di relazione si possa costruire con loro. Il punto cruciale è verificare l’effettiva interazione e il valore di questa interazione per il brand. In realtà le ultime ricerche mostrano che all’incirca solo l’1% dei fan delle pagine aziendali su facebook è effettivamente attivo. Il 99% semplicemente si iscrive e poi non sviluppa attività di alcun tipo.
Secondo la ricerca, invece, più del 90% delle conversazioni relative a marche o prodotti avviene offline, prevalentemente di persona: uffici, ristoranti, negozi, case appaiono tutti posti migliori dei Social Network per fare ciò che più interessa alle aziende: coinvolgere attivamente i propri consumatori come ambassador.
I Social Network non sono quindi quel Santo Graal che le aziende si aspettavano per comunicare facilmente a centinaia di migliaia di consumatori a basso costo? Si e No. Come al solito occorre andare oltre i puri numeri e vedere come le aziende utilizzano i Social Network: nella grande maggioranza dei casi si utilizza una piattaforma 2.0, pensata per l’interazione, con modalità 1.0, ovvero prevalentemente monodirezionali.
A partire dagli stessi Social Media, Facebook in primis, che usano un modello di business ancora prevalentemente basato sulla pubblicità tradizionale (il cosiddetto display advertising): una contraddizione in termini pensando che il plus dei Social Network è proprio la possibilità di instaurare comunicazioni interattive. Come dire che i Social Network non credono nel prodotto che propongono alle aziende. Se si parte da questi presupposti si possono capire meglio le ragioni dell’insuccesso dell’IPO di Facebook che, dopo avere chiuso allo stesso prezzo del fixing, sta già subendo pesanti perdite. Ma su questo aspetto torneremo in un altro post.
Il punto cruciale è sui contenuti: le aziende che riescono a diventare oggetto di conversazioni sono quelle che costruiscono storie degne di essere raccontate. Indipendentemente dalla piattaforma. L’errore fondamentale è quello di partire da quello che l’azienda vuole comunicare e dalla piattaforma da utilizzare anziché da quello che i consumatori vogliono ascoltare e di come questa necessità possa integrarsi con il posizionamento della marca e del prodotto. Quando Nike ha creato la piattaforma Nike+ è partita dall’idea di rendere unica l’esperienza della corsa, aggiungendo valore al singolo utilizzatore e permettendogli di confrontare le prestazioni con altri appassionati, amici o sconosciuti. In una parola ha creato contenuti in grado di generare storie personali. Con un investimento consistente. Ciò che si vede troppo spesso sul web e sui Social Network sono invece solo copie online della comunicazione tradizionale. Non basta lo spazio per aggiungere commenti o Like sotto a un post per trasformare la foto di un prodotto in una campagna di Social Media Marketing.
Ora, credo che affermare che i Social Network non siano in grado di fare branding sia un po’ come basare il modello di business di Facebook sulla pubblicità tradizionale o, per usare un’altra metafora, come prendere una Formula1 per correre il rally dei Mille Laghi sugli sterrati finlandesi. Ovvero usare uno strumento potente per fare ciò per cui non è nato.
I Social Network possono essere potenti strumenti di branding ma bisogna cambiare mentalità e approccio.
La prima rivoluzione culturale è quella di partire da contenuti che siano in grado di raccontare storie che mettano gli interlocutori – e non l’azienda – al centro dell’interesse. Un approccio valido non solo sui Social Media, ma in grado di scatenare passaparola sia online sia offline.
Ma costruire contenuti richiede investimenti. Ed è qui che deve partire la seconda rivoluzione culturale: per utilizzare tutte le potenzialità del digital bisogna ribaltare il concetto tipicamente pubblicitario secondo il quale il costo del contenuto (per esempio lo spot) è una frazione di quello del media (lo spazio pubblicitario). Sul web il contenuto, e la sua capacità di generare storie, e quindi di conquistarsi spazi, è il vero investimento.
Ma c’è una buona notizia: i contenuti validi e le buone storie funzionano online e offline permettendo di ottimizzare l’investimento. Lo sa bene, per esempio, un’azienda come Red Bull che ogni anno investe centinaia di migliaia di euro nella produzione di contenuti che creano innumerevoli conversazioni in rete e nel mondo reale.


Ma allora qual è la verità? Fare bene branding non è facile né online né offline. Ma, in fondo, le regole del buon branding sono le stesse in entrambi i mondi. E, soprattutto, vale sempre la buona prassi di presidiare entrambi i mondi in modo integrato e coordinato perché in comunicazione non esiste più un solo canale vincente.
Alessandro Santambrogio - Liquid

Buon Compleanno YouTube


Questo video ripercorre la storia di questa piattaforma di condivisione video che raccoglie storie personali e avvenimenti epocali. Proprio qui sta la forza che l’ha reso un compagno indispensabile delle nostre vite: il fatto di raccontare le piccole storie di tutti i giorni, i successi e i fallimenti ma anche di dare voce ai grandi ideali, ai movimenti come le primavere arabe o la rivolta siriana, fornendo una platea planetaria che nessuna televisione al mondo riesce a dare. Senza filtri e accessibile a tutti.
Buon Compleanno YouTube.
Alessandro Santambrogio - Liquid

martedì 15 maggio 2012

Strategie aziendali in crowdsourcing: è possibile?


Collaborative Strategic Planning, ovvero come trasformare lo sviluppo della strategia di business in uno strumento collaborativo. Può l’intelligenza collettiva fare meglio di manager superesperti e superpagati?
In questo blog abbiamo già toccato in passato il tema di come ristrutturare la leadership per affrontare le sfide future e di come l’intelligenza collettiva interna all’azienda sia spesso uno strumento competitivo efficace che, se non ascoltato, può anche portare al disastro.
Uno degli ultimi numeri della newsletter di McKinsey affronta un tema profondamente collegato a quello di cui si parlava e sempre più di attualità nell’era digitale, ovvero lo sviluppo delle strategie aziendali attraverso gli strumenti collaborativi.
L’articolo prende spunto dal caso di Wikimedia (e chi altri se no?) che, nel 2009, lanciò un wiki per raccogliere indicazioni dal popolo del web su quale dovesse essere la strategia futura. All’appello risposero ben 1.000 persone che contribuirono con 900 proposte che, attraverso un successivo processo interno, venero organizzate, esaminate categorizzate e studiate da apposite task force per elaborare, due anni dopo il lancio, un piano strategico coerente completo di valori, credenze, priorità e impegni. Un potente sforzo collettivo che, oggi, viene alla luce attraverso il lavoro di team che sviluppano le singole proposte.
Fantascienza? Un caso impossibile da replicare? Non proprio. Anche se sono ancora un numero limitato, le aziende che iniziano a fare ricorso all’intelligenza collettiva per sviluppare il proprio business iniziano a essere numerose. Lo stesso articolo ne cita diverse (alcune notissime come 3M) e altri casi si possono trovare nel libro “The Social Organization” di Anthony J. Bradley e Mark P. McDonald, forse il migliore testo che racconta come trasformare l’azienda in un’organismo sociale e trarre vantaggio dall’intelligenza collettiva di dipendenti, clienti e collaboratori.
Certo, non è semplice e la strada del successo è lastricata di molti cadaveri. Ma, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il punto critico della collaborazione sociale non è però tecnologico, ma culturale. Occorre ripensare i processi decisionali e, soprattutto, serve un cambiamento di ruolo del management che, da decisore, deve diventare facilitatore di processo.
Ma perché affrontare questa sfida? Perché il mondo è diventato troppo complesso per essere governato con un unico punto di vista, come oggi avviene nella stragrande maggioranza delle aziende in cui è l’Amministratore Delegato (o il proprietario) a guidare: con la propria esperienza, visione, credenze, competenze che, sempre più, sono solo una parte di ciò che serve per prendere le giuste decisioni.
Certo, il salto culturale è probabilmente stato più facile da affrontare in Wikimedia: un’azienda giovane, flessibile, che opera nel web con le logiche del web e, soprattutto, ha fatto del ricorso all’intelligenza collettiva la chiave del proprio business model. Ma anche aziende strutturate come 3M hanno applicato con successo il metodo per identificare mercati futuri ad alta potenzialità, aggregando più di 1.200 persone di 40 nazioni diverse.
La potenza della creazione collaborativa è proprio nei numeri: nella quantità di idee e proposte ad alto valore aggiunto che è stato possibile generare in breve tempo. Raggiungere gli stessi risultati con metodologie tradizionali avrebbe richiesto tempi e investimenti enormemente più lunghi e, soprattutto, non avrebbe trasmesso il senso di partecipazione e coesione che queste iniziative generano in azienda.
Ma quali sono gli ingredienti per avere successo in una sfida collaborativa? Sono sostanzialmente quattro:
- la Community: va accuratamente selezionata perché a obiettivi diversi corrispondono community di riferimento diverse. Per esempio la community di riferimento del progetto 3M, mirato all’identificazione di nuovi mercati, era costituita dal personale delle divisioni Commerciale, marketing e Ricerca &Sviluppo di tutte le nazioni. In altri casi può essere più indicato coinvolgere i clienti o i fornitori o altri stakeholder ancora.
- l’Ambiente Collaborativo: da non confondere con la tecnologia in sé e per sé. L’ambiente deve essere coerente con gli scopi (un ambiente di tipo wiki è sostanzialmente diverso da quello di un social network) e deve includere tutti gli strumenti di intervento, condivisione, aggregazione, votazione, ecc. necessari a raggiungere gli scopi.
- l’Obiettivo: il motivo della chiamata al ricorso all’intelligenza collettiva deve essere chiaro, immediato e deve toccare gli interessi delle persone a cui si rivolge in modo profondo. In una parola, deve fare percepire che il contributo di chi viene chiamato a esprimersi ha un ruolo importante
- il Processo: raccogliere contributi diversificati e molteplici, analizzarli categorizzarli ed estrarne i principi positivi è il lavoro chiave. Sbagliare la struttura del processo fa la differenza tra il successo e il fallimento. E’ anche il punto in cui si gioca la partita culturale critica per il management perché tutto il lavoro svolto può essere vanificato se non si pone attenzione a selezionare le idee e a valutarne la fattibilità con una mentalità aperta e collaborativa.
In sintesi, il ricorso all’intelligenza collettiva non è un percorso facile. Richiede un salto culturale notevole e uno sforzo organizzativo altrettanto imponente. Ma ciò che si raggiunge quando si opera in modo corretto crea un valore enormemente superiore a quello che si sarebbe potuto raggiungere con i metodi tradizionali.

lunedì 7 maggio 2012

Aziende: cresce l’uso dei Social Media. Ma per farne cosa?


Quasi il 20% in un anno. Questo è l’incremento nell’uso dei Social Media da parte delle aziende italiane emerso dalla ricerca Socialmediability svolta dall’Osservatorio Social Media dello Iulm.
Crescono, quindi, in un anno le aziende che usano i social media come Facebook, Twitter, LinkedIn,YouTube passando dal 32,5% al 49,9% ma si tratta di un aumento piuttosto quantitativo che qualitativo. L’Osservatorio ha infatti registrato che l’indice di Socialmediability - un indicatore che si propone di valutare sinteticamente aspetti sia quantitativi sia qualitativi della presenza social delle aziende - è passato dallo 0,79 del 2010 all’1,16 del 2011 su una scala da 0 a 10. Come dire un piccolo passo di un cammino ancora lungo.
Il risultato è trasversale ai settori e si può dire accomuni indifferentemente il tessuto economico italiano. La ricerca ha infatti interpellato un panel di 720 aziende italiane appartenenti a 6 diversi settori merceologici: moda, alimentare, hospitality, pubblica amministrazione, banche e arredamento.
Perché tutto questo? Iniziamo a sfatare un mito che, se da un lato ha decretato il successo del digital, dall’altro ne sta drammaticamente frenando la diffusione, almeno in Italia: IL DIGITAL NON E’ GRATIS O LOW COST. Semplicemente sposta la necessità di investire dal mezzo ai contenuti. La stragrande maggioranza delle aziende italiane continua invece a pensare che comunicare con i canali digitali sia un’alternativa a basso costo alla comunicazione tradizionale. Niente di più sbagliato.
La soluzione delle aziende al Social Media Marketing? Aprire una pagina Facebook. Ma troppo spesso, anziché essere una soluzione, diventa parte essenziale del problema. Mantenere una presenza coerente e, soprattutto, utile, sui Social Media, significa innanzitutto avere una strategia di Content Marketing, ovvero di produzione e diffusione di contenuti che siano rilevanti per gli utenti, che li inducano a compiere azioni, a diffonderli, a rispondere agli stimoli. Sul web, come dicono gli americani, Content is King, il Contenuto è il Re. Ma il contenuto va progettato, creato e distribuito seguendo le regole di ogni Social Network e, soprattutto, con continuità.
Invece, quando si guarda agli investimenti in comunicazione delle aziende italiane, si scopre che quelli dedicati alla produzione di contenuti, ma anche alla gestione dei canali digitali – che, ricordo, è un’attività gravosa in termini di risorse e tempo da dedicare – sono spesso percentuali a una cifra, quando non frazionarie, dell’intero investimento. La giusta premessa per una gestione errata dei Social Media e, più in generale, dell’intera Digital Strategy.
C’è anche un altro aspetto: l’ubriacatura da Social Network ha fatto perdere di vista a molte aziende i fondamentali della presenza sul web. Poche settimane fa, facendo una ricerca per un cliente, ho esaminato i siti del suo comparto: piccole, ma anche medie aziende alcune con mercati esteri. Bene, meno del 10 per cento era indicizzato, almeno, per la categoria merceologica di appartenenza (ovvero appariva nelle prime 5 pagine di ricerca). Criteri quali l’ usabilità, l’architettura dell’informazione, i flussi i flussi interni sono ancora pura accademia per molte, troppe aziende. E quando si passa a guardare ai Social Media, si scoprono spesso pagine che non vengono aggiornate da mesi o che sono semplicemente la versione Facebook del catalogo.
Dove vogliamo andare di questo passo? Le aziende si buttano sui Social Media perché bisogna esserci, perché tutti hanno la pagina Facebook, perché hanno sentito parlato di Twitter, perché il concorrente ha un board su Pinterest. Ma troppo spesso è una scelta di pancia, fatta senza definire prima gli obiettivi e senza inquadrare la presenza all’interno di una strategia più articolata, innanzitutto digitale – per esempio, che me ne faccio di una pagina su facebook se non ho neanche un blog aziendale nel mio sito? – ma anche globale che integri i mondi online e offline per produrre e veicolare contenuti.
Ripartiamo quindi dai buoni, vecchi fondamentali. Prima di pensare a una strategia di Social Media Marketing, occupiamoci, magari, di fare in modo che il sito possa essere trovato (SEO), abbia contenuti di interesse, possa anche diventare un veicolo di fatturato con una sezione di e-commerce, abbia strumenti dialogici per parlare con i clienti e così via. Una volta sistemato tutto questo, se proprio non riusciamo a resistere alla tentazione di andare sui Social Media, facciamolo con la consapevolezza che le pagine o i gruppi devono essere gestiti e animati attraverso la presenza di risorse dedicate e che l’attenzione degli interlocutori va catturata con contenuti che vanno prodotti o ricercati e che tutto questo richiede investimenti economici, a volte anche elevati.
E, per favore, smettiamola di pensare che il Digital sia gratuito e iniziamo a trattarlo come un canale con una sua piena dignità che necessita di investimenti coerenti con i risultati che si vogliono ottenere. Altrimenti, molto meglio continuare a stampare il catalogo e a spedirlo con le care, vecchie Poste Italiane 1.0!
Alessandro Santambrogio - Liquid

domenica 6 maggio 2012

COMUNICATO STAMPA NAZIONALE: BELLEZZE ITALIANE SOTTO I 170 CM. FERRARA CAPITALE NAZIONALE DI MISSPOP170.


MissPoP170. Premio da 7.000 euro per la reginetta.
A Ferrara e Lidi di Comacchio la finale nazionale con la NotteRosa.


Dopo il successo di consensi, pubblico e curiosità ottenuto lo scorso anno con la selezione interregionale del contest MissPoP170, quest'anno si punta al nazionale con partner d'eccellenza.
Il payoff della kermesse 2012 è stato rinnovato e recita "Bellezze italiane under 170 cm!", coniato da iCom ONP, l'associazione noprofit per la comunicazione responsabile, che si occuperà di tutta la segreteria organizzativa e della macchina di produzione di questo speciale contest di bellezza dedicato alle miss che non superano i 170 cm di altezza.
Un marchio tutto italiano registrato nel 2005 che piano piano si sta facendo largo tra i moltissimi concorsi sparsi per l'Italia, con una connotazione tutta orientata alla valorizzazione autentica della ragazza e della donna, come sostiene la dott.sa Mariangela Fontana, presidente di iCom: "...come abbiamo già fatto per lo spot "A Ferrara Vivi il Mare!" scegliendo quattro bellezze vere senza strumentalizzarle, anche con MissPoP170 vogliamo fare lo stesso...non dimentichiamo infatti che il 67% delle nostre ragazze non supera i 168 cm di altezza, quindi sono sempre discriminate dai soliti concorsi nazionali o dalla possibilità di sfilare in passerelle, perchè troppo basse...Ora questa scusa non potrà più essere addotta finalmente...", conclude Fontana.
Le tre giornate di semifinali (8,9,10 giugno) ospitate dall'hotel VillaRegina di Cona (FE), porteranno alla luce trenta ragazze provenienti da tutta Italia, in tre sfilate serali nelle quali i giudici preposti sceglieranno le 12 finaliste che si contenderanno la corona di MissPoP170 2012, durante la NotteRosa del 6 luglio ai Lidi di Comacchio.
In palio per la vincitrice un contratto di lavoro per la realizzazione di uno spot TV, il sito web personale gratuito e un set photo book per mettersi in evidenza nel mondo della moda e spettacolo, il tutto per un valore di 7.000 euro.
Ferrara perciò capitale del turismo fashion&glamour e delle bellezze italiane under 170 cm di altezza, ospiterà le 30 seminfinaliste che verranno scelte tra le candidate che potranno iscriversi fino al 25 maggio sul sito ufficiale del concorso all'indirizzo www.misspop170.it, anche su Facebook e Twitter.

in foto: Dania Roberta, la reginetta 2011 in carica. Ph. Luca Martini © 2011.

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