lunedì 17 ottobre 2011

Il Fenomeno del Microcredito 4

La “Finanza Etica”

La finanza per definizione è la scienza che si occupa di come i vari soggetti, siano essi individui, imprese, enti pubblici gestiscono i flussi di moneta durante il corso del tempo; ossia essa è quella disciplina che studia le modalità con cui allocare il denaro tra diverse alternative con il fine di massimizzare il soddisfacimento di chi fa la scelta (individuo, impresa ente pubblico).
Analizzando quindi tale definizione si percepisce che chiunque intenda allocare le proprie risorse finanziarie ad esempio, effettuando un investimento, è portato solamente a badare alla propria soddisfazione soprattutto in termini di profitto, basti immaginare gli agenti di borsa che ogni giorno comprano o vendono azioni al fine di creare guadagno per i loro datori di lavoro.
I due termini finanza ed etica leggendoli superficialmente potrebbero sembrare essere in contrapposizione: da una parte l’immagine che la finanza ci ha dato fino ad oggi è quella della speculazione, del passaggio di capitali da una azienda ad un’altra, assumendo quindi un’accezione per così dire negativa; dall’altra parte il termine “etica” ha sempre assunto una connotazione positiva, richiama i veri valori di cui l’uomo ha bisogno per vivere in comunità, porta l’uomo ad agire per il bene comune ecc.
Mettendo i due termini assieme (finanza etica) si vuole indicare il bisogno di riportare la finanza, e tutti gli attori interessati (banche, investitori, aziende, ecc.), alla sua funzione di origine ossia a garantire che le somme di denaro investite concorrano allo sviluppo dell’economia reale e quindi a far nascere nuove attività, alla creazione di nuovi posti di lavoro, a contribuire insomma allo sviluppo della società umana sotto tutti i punti di vista.
Negli ultimi tempi si sta diffondendo sempre più, tra gli attori della finanza, una nuova cultura che guarda verso un investimento dalle caratteristiche etiche, in cui chi investe non ha come scopo solamente la speculazione, ma ambisce a partecipare a società o enti che rispondano a determinati requisiti di responsabilità sociale ed ambientale.
La borsa quindi non viene più considerata alla stregua di un luogo in cui gli individui possono trarre facili guadagni ma inizia ad acquisire un’immagine nuova ossia come uno strumento al servizio dell’economia dove gli investimenti non sono mere speculazioni o manipolazioni individuali.
Inizia così ad instaurarsi un rapporto ed una sinergia tra economia ed etica.
Un contributo fondamentale in questa direzione è stato dato dal premio Nobel Amartya Sen che sostiene la tesi secondo la quale la ricchezza, pur rimanendo un elemento alla base del mercato, ha un’accezione diversa dal benessere, e che alla ricchezza va aggiunta la componente felicità.
Secondo Sen quindi esiste una relazione stretta tra ricchezza e felicità, un individuo semplicemente più ricco di un altro, in termini di moneta, non è sicuramente più felice; al contrario una persona è più felice di una altra quando essa ha raggiunto una qualità della vita migliore dell’altra.
Sen considera la qualità della vita come una variabile algebrica da utilizzare nei calcoli economici per il calcolo della soddisfazione degli individui.
Il mercato può considerarsi tale quando esso non produce solamente ricchezza ma riesce a soddisfare le tutte le attese ed i valori etici di chi ne è partecipe.
I soggetti coinvolti dalla finanza etica attuano il cosiddetto investimento etico che consiste nella scelta e poi nella gestione di azioni, obbligazioni, prestiti secondo criteri etici e criteri di natura sociale, tale pratica viene definita secondo le espressioni di Socially Responsabile Investement (investimento socialmente responsabile) e Ethical Investement (Investimento Etico) utilizzate rispettivamente negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna.
Attraverso l’investimento etico l’individuo seguendo una propria etica attenta alla responsabilità sociale ed ambientale è portato ad acquisire ad esempio azioni di società che rispettino una determinata condotta, non si sognerebbe mai di comprare titoli emessi da uno stato in cui vige una ferrea dittatura oppure di comprare azioni di un’azienda che pratica lo sfruttamento minorile.
La finanza etica si articola in tre livelli: il primo è costituito dalla cosiddetta finanza di devoluzione, ossia una parte di guadagni che vengono devoluti in beneficenza. Questo primo livello è un po’ superficiale in quanto gli investitori non fanno un’attenta analisi delle azioni o titoli da comprare sulla base dell’eticità delle società quotate ma si limitano a fare donazioni.
Il secondo livello di finanza è più profondo in quanto si basa su un atteggiamento propositivo degli azionisti ritenuti socialmente responsabili.
Essi una volta acquisite le azioni delle società presentano mozioni e progetti per indirizzare le iniziative della società stessa verso una maggiore responsabilità sociale ed ambientale.
In tale ambito quindi l’azionista cerca di influenzare le scelte della società affinchè essa agisca secondo un’etica prestabilita, ritorna quindi la caratteristica dell’investitore etico che non guarda solamente ai profitti dell’azienda cui è partecipe ma apporta valori morali nella gestione della stessa.
Per ben comprendere il concetto riporto di seguito due esempi calzanti che riguardano due fondi americani; il primo è il Fondo Calpers, un fondo pensione per gli statali californiani, esso è il primo fondo etico al mondo per dimensioni con un patrimonio di circa 190 milioni di dollari. Il secondo, per dimensioni, è il Fondo dell’ICCR (Interfaith Center for Corporate Responsibility) costituito da molti istituti religiosi di diverse confessioni, attualmente l’ammontare patrimoniale del fondo è di 100 milioni di dollari .
Tali fondi investono le proprie masse monetarie acquistando azioni di società quotate in borsa; così facendo riescono ad influire in maniera determinante alle scelte delle imprese cui sono partecipi, discutendo a volte direttamente con amministratori delegati e presidenti di società soprattutto su temi relativi alle loro scelte in materia di responsabilità sociale ed ambientale.
Naturalmente questi fondi tanto più sono possessori di azioni di una data società quanto più hanno diritto di voto nelle assemblee e quindi contribuiscono in modo determinante sulle direttive da dare poi ai manager.
Il terzo livello di finanza etica è formato da quei fondi che scelgono i titoli investibili in base a criteri di responsabilità sociale ed ambientale.
Questi fondi comprano solamente azioni di società che rispettano codici di responsabilità sociale ed ambientale. Nel mercato finanziario sono sorte società che attribuiscono un punteggio etico a ciascuna delle imprese quotate, in base a questo punteggio i fondi decidono se acquistare o meno le azioni di una determinata società.
Sulla base delle informazioni delle società con punteggio elevato si costruiscono nuovi indici di borsa come il Domini 400 oppure il Footsie Good i quali tengono conto solamente del valore delle azioni di società quotate che agiscono secondo una politica responsabile socialmente.
Quindi i requisiti che un’azienda deve possedere per entrare a far parte di questi nuovi indici sono la condotta sociale impeccabile che implica il secondo requisito ossia quello di possedere un punteggio etico elevato.
Analizzando questi due criteri che permettono l’inclusione di un’impresa in questo gruppo di “eccellenti” ci si rende conto che la finanza etica premia quelle imprese che adottano una strategia aziendale per così dire integrata, all’interno della quale la creazione di profitto e di valore economico, sono associati alla responsabilità sociale ed al rispetto dell’ambiente.
Sostanzialmente questo nuovo approccio scalza il criterio unico della massimizzazione del profitto adottato dalla maggior parte delle società.
Nuovi stakehoders (portatori di interessi) oltre agli azionisti, si presentano davanti alle imprese ovvero la comunità locale, i lavoratori, i fornitori e le generazioni presenti e future influenzate soprattutto dalle decisioni dell’impresa in materia di politiche ambientali.
Coloro che investono eticamente sono pronti a pagare un prezzo in termini di rendimenti attesi in quanto cresce il fattore rischio.
L’investitore etico cede una parte del profitto in cambio della soddisfazione che ottiene dopo aver cercato di indirizzare verso politiche di responsabilità sociale ed ambientale le scelte dell’impresa cui partecipa; per capire basti pensare ad un individuo che acquista azioni di una società con un profitto esiguo e che non segue alcuna condotta di responsabilità sociale, l’investitore se riesce a far attuare all’impresa una politica attenta all’etica ed all’ambiente rimarrà molto più soddisfatto di questo risultato “etico” ottenuto rispetto invece al solo maggiore profitto.
Questo comportamento è molto simile a quello che assume il consumatore che acquista prodotti equosolidali o ecologici. Anche in questo caso le persone sono disposte a pagare un prezzo generalmente superiore, e la differenza di prezzo è il valore concreto che attribuiscono alle caratteristiche etiche ed ambientali dei prodotti.
Per mezzo di tali scelte l’individuo che investe eticamente dimostra di non essere solamente auto interessato, ma di agire secondo altri valori quali ad esempio l’avversione alla disuguaglianza, allo sfruttamento minorile, all’egoismo.
Possiamo affermare che chi investe rispettando un’etica ha una motivazione chiamata auto interesse lungimirante, che forse è la spinta maggiore che egli riceve; in altri termini l’individuo è consapevole che se le imprese oggi non sono attente alla sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo si avranno inevitabilmente, nel corso del tempo, ricadute negative per tutti.
Infine sintetizzando ciò che si è detto si può definire investitore etico chi va oltre che il rendimento delle azioni e vuole conoscere le modalità con cui si realizzano i profitti, la localizzazione della società, vuole verificare come vengono condotti gli affari e se possibile contribuire a migliorare sotto tutti gli aspetti l’azienda cui è partecipe.

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